Critica su Giorgio Scaini
Particolare di una scultura di Giorgio Scaini

Una poetica del figurativo
di Giorgio Seveso

Scaini possiede in scultura il gusto dei volumi densi, di una plasticità soda e compiuta giocata nei termini d'una sorta di elegante espressionismo percorso, sempre, come da una sottilissima e interiore increspatura d'ironia, di amabile liricità, umorosa e divertita, in cui, tuttavia i materiali, e segnatamente la terracotta, si mimetizzano volentieri da resina o da polimero, quando non rifanno, quasi ironicamente, il verso al marmo e alla pietra.
Questi suoi lavori, davvero ancora così poco conosciuti essendo egli un artista assai schivo, fin'ora più dedito all'insegnamento e ad una sua solitaria concentrazione di ricerca espressiva che alle tappe e agli snodi obbligati della "carriera", si iscrivono di diritto nel solco che da Vangi o da Bodini passa per Schmettau, cioè nelle linee di una scultura contemporanea risolutamente ed esplicitamente figurativa eppure mai e in nessun modo retorica o "contemplativa", foltissima d'umori esistenziali ma, pure, di intrinseci valori plastici. Un orientamento, questo, che non attiene soltanto ai termini formali dell'immagine, ma che al contrario è principalmente retto da una scelta ulteriore di sensibilità e di immaginazione, cioè da un sentimento generale della scultura e dell'immagine. Un sentimento complessivo, che si costituisce, appunto, in poetica complessiva.
Credo che, oggi più che mai, questa appartata fedeltà figurale costituisca una qualità suggestiva, un valore in sè, da sottolineare e riscoprire.

Si avverte subito, difatti, circolando nel suo atelier e guardando queste immagini cordiali, come tale visione poetica sia fritto e insieme condizione di una indubbia, approfondita maturita, atteso che le ragioni tematiche dominanti del suo lavoro si sono venute suggestivamente chiarendo ed affilando, perdendo per strada quelle scorie letterarie, quelle eccessive sovrapposizioni simboliche che rappresentano, talvolta, il rischio e/o la debolezza di visioni consimili.
Perché, appunto, la scultura figurativa e la sua "tradizione" hanno potuto anche rappresentare un rischio: nella sacrosanta reazione ai decenni di futilità concettuali e di giochini formali che abbiamo traversato troppi "monumenti", infatti, troppe descrizioni celebrative o eleganze esornative, troppe apparenze accademiche vecchie e nuove hanno riempito, come per una sorta di perverso contrappasso, i luoghi del nostro tempo...
Ma Scaini, fortunatamente e giustamente, s'è tenuto fuori, da questo pericolo, davvero troppo concentrato sul suo lavoro tematico per prestare attenzione a questo tipo di problemi.
Disarticolando i volumi delle anatomie, troncando e graffiando i volti e gli spazi che li connotano ha operato, insomma, con sovrana e suggestiva indifferenza verso i gusti e le abitudini che prevalevano, solo preoccupato delle sue intime ragioni di poesia, là dove la forma s'incontra, modernissimamente, con i sogni affabili e con la melanconia gentile del pensiero degli uomini.

Il suo centro di gravita è rappresentato soprattutto dall'immagine umana sentita come schermo mobilissimo sul quale proiettare la forma di una distanza lirica: una distanza di poesia che, tra strappi improvvisi e calme apparenti, scopre colori inediti, dicevo, delle patine sul bronzo e soprattutto sulle superfici delle terrecotte successivamente dipinte a freddo e polite a lucido, con colori talvolta acidi e talvolta zuccherini, a misura degli eccessi cromaticici dei nostri panorami consueti.
C'è in questi suoi volti e in questi suoi corpi una decisiva e aggraziata tensione narrativa che li rende palpitanti e convincenti, tracce d'un modo di pensare e di rappresentare che autenticamente li pervade e li conforma, senza tradire il principio della sua spontaneità originaria. Come se una corrispondenza e, insieme, una indicibile traduzione psichica collegassero profondamente il modello che Scaini ha in testa con l'opera finale, con i suoi effetti lirici ed espressivi. Ed è proprio da qui che la suggestività delle sue immagini prende il colore della tradizione e, insieme, della più turbante innovazione; l'energia complessa, insomma, della sua persuasività.